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Massima affluenza per il Korean day

Una scena dal film "A Leave" di Lee-Ran-Hee, Corea del Sud, 2021, proiettato durante il Korean day.

Ieri sabato 9 aprile, presso il cinema Farnese, in occasione del Korean day, c’è stata la massima affluenza nell’ambito della 19°Edizione dell’Asian Film Festival, www.asianfilfestival.info

D’altrocanto come non amare la cinematografia coreana che in fondo è diventata progressivamente parte integrante anche della nostra cultura, facendosi strada per anni attraverso le opere del compianto Kim-ki Duk e, più recentemente, mediante la celeberrima serie Squid Game di Hwang Dong-hyuk che ha aperto un varco diretto verso la Corea del Sud.

Cosa ci accomuna alla Corea del Sud? Certamente il versare in stati esistenziali precari, l’essere schiacciati e contusi da condizioni contrattuali lavorative non vantaggiose. Certo che in Italia la Sanità resiste come prezioso “bene pubblico” a differenza della Corea del Sud dove il neoliberismo prevale, strozzandone spesso i cittadini che spesso non riescono a curarsi, se non a proprie spese. Ma una certa tensione sociale ci unisce.

In tal senso, tra i molti film visti, ne citiamo uno in particolare, A Leave del regista Lee Ran-Hee, Corea del Sud, 2020, che rientra nella sezione Newcomers. Lo stesso Antonio Termenini, Direttore del Festival, ha dichiarato che in Italia si realizzano sempre meno pellicole sui Diritti dei Lavoratori e che questo film coreano ne è un esempio, nonché in Corea del Sud non sussistano problemi nel produrre un film del genere.

“A Leave” è in effetti un film ardito, di quelli che ti commuovono per la bellezza interiore dei personaggi, soprattutto per l’integrità morale del protagonista, così rara in questa società alla deriva.

Jae-bok, insieme a due colleghi, partecipa ad un sit-in a Seoul per la crisi della sua azienda. Si protesta da ben’1882 giorni. Senza resa. Le prime inquadrature filmiche riprendono degli slogan sociali potenti “Non siamo oggetti da buttare via”, “Licenziare significa uccidere vite umane”. Come non ritrovarci anche noi in Italia in un messaggio del genere!

Tuttavia, un contrasto d’opinioni con i colleghi, lo indurrà a prendersi una “pausa” dal Sindacato e dal suo lottare. Jae-bok tornerà a casa dedicandosi maggiormente alle figlie, di cui una di 18 e l’altra di 14 anni, tra l’altro orfane di madre. Versando in cattive acque, accetterà un lavoro momentaneo come falegname, impiego in cui emergerà sempre la propria chiamata all’impegno collettivo, supportando un giovane collega, vittima di un incidente sul lavoro.

Jae-bok assurge ad un eroe solitario; sembra riaffiorare da una Tragedia  di Eschilo, a mò di Prometeo incatenato con fare silenzioso, che si scaglia contro il “Signor Padrone”, laddòve quest’ultimo non tratti i propri lavoratori secondo dignità e diritti.

Il nostro protagonista sul finire del film avrebbe l’opportunità di scegliere una vita più facile e solidale con le figlie, ma per dirla con Kant, la “legge morale” lo riporterà a lottare con i suoi colleghi a Seoul. Commovente, ottima fotografia ed attenzione al dettaglio.

Ringraziamo la direzione artistica della 19°Edizione dell’Asian Film Festival per averci donato nel Korean day la visione di questa perla rara, che forse ci incoraggerà ad essere maggiormente compartecipi del destino degli altri.

Romina De Simone