GENOVA. 29. SET. Diciamolo in incipit. Nell’estensione della trama del nuovo film di Vincenzo Marra, che non si possa non dare ragione al personaggio del ” padre ” è innegabile con il mediatico effetto negativo di infangare le Donne per il comportamento scorretto di una singola Donna Maschilista, perché tale è ogni donna che perpetri gli stessi eventuali atteggiamenti che condanna in un uomo.
Se poi il padre in questione ha il verde occhio limpido di Riccardo Scamarcio, lo spettatore – uomo non può non identificarvisi con la conseguenza, amara, di una possibile generalizzazione sulle Donne. Perché le Donne in Italia non sono particolarmente tutelate e non è vero che i Tribunali dei Minori le avvantaggino sempre. Se poi il personaggio femminile ha il volto di una non intensa Daniela Ramirez, per quanto sia annoverata tra le migliori attrici televisive in Cile e famosissima sin dall’esordio in qualità di protagonista nella serie TV ” Los Archivos de Cardenal “, si può decisamente non amarlo.
La trama è testimonianza di una storia scorretta e dolorosissima, con la quale il Regista Vincenzo Marra proprio alla settantaduesima mostra del Cinema di Venezia, cui la pellicola ha partecipato, ha introdotto il tema della sottrazione dei Minori. Infatti, Marco è un brillante Avvocato del Foro di Bari, con qualche tratto da ” bulletto” nel chiedere il proprio onorario agli assistiti, sicuramente poco attento al disagio socio-esistenziale della compagna Martina, cilena, che, pur lavorando con successo evidentemente scarso in un’agenzia pubblicitaria, dopo 7 anni di soggiorno in Italia, la stessa età del figliolo Mateo ( interpretato da Gianfabio Pezzolla ), sembra esserne satura fino quasi alla depressione. Una ” saudade ” prepotente le dilania il cuore. Ma a tutela delle Donne realmente oggetto di Violenza Domestica, è opportuno chiamare le cose con il loro nome.
Perché è vero che sussistano tensioni/ incomprensioni con Marco, che lui l’afferri per un braccio durante una lite e questo costituisce elemento gravissimo che cristallizza il picco di violenza, che non siano concordi sui parametri concernenti l’educazione del figlio, ma nulla a che vedere con l’uomo violento che Martina descriverà presso il Tribunale di Santiago del Cile. E per questo va definita ” maschilista “; perché le Donne con tali comportamenti danneggiano altre Donne evidentemente vittime di maltrattamenti. Che poi, le migliori scene dal punto di vista e del contenuto e della grammatica filmica sono proprio quelle che riprendono Marco con il figliolo Mateo in giochi ed atteggiamenti teneri sulla spiaggia nell’onnipresenza del Mare cristallino. Un padre lavoratore, ma assolutamente presente ed accorto alle sfumature caratteriali del figlio. Lontano dal modello dei padri assenti di cui anche l’Italia è piena. Si oppone ad un trasferimento irreversibile di Martina con Mateo in Cile. Pur con arroganza cerca un accordo.
Martina al contempo si rivolge ad un Avvocato per trovare inizialmente una via legale per abbandonare l’Italia. La legge attuale prevede che, affinché uno dei genitori si rechi con un minore al di fuori dell’Europa, sia necessario il consenso dell’altro genitore oltreché del Giudice Tutelare. Ma pare che nel film Martina, appena ritrovati dentro la propria abitazione i passaporti , impaziente rispetto alle nostre accorte procedure legali, prenda Mateo e si imbarchi fino al Cile, sotto il controllo aeroportuale della polizia che il regista qui tratteggia evidentemente un pò distratta. Nella realtà pare che in effetti con voli internazionali in partenza dall’Europa a volte sfuggano al controllo questi casi. Questa scena del film potremmo sicuramente considerarla un monito per delle verifiche più serrate sui passeggeri adulti con minori.
E’ assolutamente doveroso! Da qui si apre un duro calvario per il nostro Avvocato. Notevole l’interpretazione del nostro bravo Scamarcio. Gioca di sguardi. Dall’espressione altera e forte della prima parte della pellicola, passerà ad una sinceramente sofferta, poi abbattuta e vagamente assente, tipica di chi si è smarrito lungo le strade dell’esistenza o peggio, una grave Ingiustizia gli ha segnato il passo. Che poi in Cile, Marco non potrà appoggiarsi al sistema giuridico italiano, su minaccia dell’ex compagna Martina. Dietro suggerimento di un Avvocato locale, si sottoporrà ad un Processo secondo il sistema penale cileno con tanto di colloqui con un psicologo che nella sua relazione non terrà conto della sua differente provenienza geografica. Se la nostra organizzazione giuridica arranca nella lentezza, con orgoglio possiamo ricordare che poggia sul Diritto Romano, base di una buona civiltà. Cadranno le accuse di grave violenza psichica emesse da Martina nei suoi confronti, ma la strada per rivedere il figlio sarà ancora tortuosa. Proprio la scena finale del Film è una chiusa di Speranza e Luce, ma il prezzo umano e legale pagato è altissimo. Nessun coniuge, Donna o Uomo che sia, dovrebbe mai sottrarre il figlio comune all’altro. Il contrario configurerebbe aberrazione morale profonda.
Peccato che il personaggio femminile tratteggiato nel Film sia così negativo. E non c’è altro da dire. Regia Standard, con molti piani americani intervallati da primi piani e, di tanto in tanto, da qualche ripresa in soggettiva. Eccellente la fotografia di Maura Morales Bergmann. Colonna sonora azzeccatissima con le struggenti ballate di Camila Moreno, cantante alternative affermatissima in Cile. Da riascoltare la malinconica Te Quise, le cui note scandiscono le scene che descrivono il dolore inconsolabile di un padre privato della presenza del figlio… Da vedere.
Senza dimenticare però che solo la minoranza delle Donne, nonostante qualunque disagio, è egoista e scorretta come il personaggio femminile raccontato. Romina De Simone
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Leggi l’articolo originale: La prima Luce, film che rischia di infangare le donne