ROMA 26 SET. Il Cardinale Angelo Bagnasco, Presidente della Cei, la Conferenza Episcopale Italiana, e Arcivescovo di Genova, ha aperto oggi a Roma i lavori del Consiglio Permanente dell’organo di cui è a capo. Sua Eminenza ha affrontato a tutto tondo i temi più “caldi” di questi mesi.
“C’è bisogno di un di più di Europa” – ha delineato Bagnasco al Consiglio, parlando di un’Italia “in prima linea ma ancora troppo sola nell’affrontare il dramma dei migranti”. Nella lunga prolusione a cui ha affidato le linee guida del consesso vescovile di più alto livello, Bagnasco si è soffermato sulla crisi del lavoro, il disagio della flessibilità e il rischio che i giovani se ne vadano dal nostro Paese: “Siamo fortemente preoccupati – ha detto l’alto prelato – che il patrimonio di capacità e di ingegno del nostro popolo sia costretto a emigrare”.
La prolusione del Cardinale Angelo Bagnasco, al Consiglio Permanente della Cei, come di consueto ruota intorno ai temi di maggiore attualità. Compresa la vicenda della discussa e discutibile satira francese sul dramma di Amatrice: “Come non ribellarsi davanti alla mancanza di sensibilità e di rispetto espressa dalle vignette di Charlie Hebdo sulle vittime del terremoto?” Noi – anche a nome del nostro popolo – chiediamo: è questa la società che vogliamo, dove pensiamo di sentirci bene, insieme, solidali, a casa? È questo che intendiamo per libertà? Non esiste dunque nulla di talmente profondo e sacro – anche umanamente – che non debba essere sbeffeggiato da alcuni “illuminati”? La coscienza collettiva è chiamata a reagire in maniera chiara, alta e indignata”.
Ma è il Vecchio Continente al centro dell’ampia riflessione di Bagnasco. “Più che di tanta povera gente disperata che bussa alle porte del Continente, l’Europa dovrebbe temere il cambiamento del modo di pensare che si vuole imporre dall’esterno. Il Papa molte volte ha messo in guardia dalle “colonizzazioni” in atto, che chiama “pensiero unico”: esso vuole costringere a pensare nello stesso modo, con gli stessi criteri di giudizio al di sopra del bene e del male”.
“Propagandare in modo ossessivo certi stili di vita, inculcare il principio del piacere a qualunque costo, esaltare la “dea fortuna” e il gioco anziché il gusto del dovere, del lavoro, della onestà; insinuare il fastidio dei legami, se questi non appagano sempre e comunque, far sognare una perenne giovinezza, spingere alla ricerca di evasioni continue dalla vita reale, non sostenere la fedeltà agli impegni di coppia, di famiglia, di lavoro…tutto questo connota una mutazione culturale che aliena la persona da se stessa e dalla realtà, la appiattisce sul tutto e subito, la imprigiona in un individualismo esasperato, propagato come libertà”.
“Nei secoli, nonostante conflitti e guerre, un comune sentire europeo si è affermato, ha ispirato storia e civiltà”. Così Bagnasco ha concluso: “La volontà di omologare le visioni profonde della vita e dei comportamenti non è il cammino rispettoso di un’Unione Europea armonica e solidale, ma piuttosto un’arrogante rifondazione continentale che i popoli male sopportano, dove il cristianesimo è considerato “divisivo” perché non canta nel coro prestabilito. Emarginare dalla sfera pubblica il cristianesimo non è intelligente; è non comprendere che la società non può che averne del bene”.
Passando alla situazione socioeconomica italiana e del “lavoro che non c’è”, l’analisi del Presidente Cei è categorica e non priva di toni austeri e incisivi: “Le nostre parrocchie sono testimoni di come la povera gente continui a tribolare per mantenere sé e la propria famiglia. Vediamo aumentare la distanza fra ricchi e poveri; lo stesso ceto medio è sempre più risucchiato dalla penuria dei beni primari, il lavoro, la casa, gli alimenti, la possibilità di cura. Con speranza sentiamo le dichiarazioni rassicuranti e i provvedimenti allo studio o in atto; ma le persone non possono attendere, perché la vita concreta corre ogni giorno, dilania la carne e lo spirito. La fiducia nel domani diminuisce, gli adulti che hanno perso il lavoro sono avviliti o disperati, molti giovani – che mostrano spesso genio e capacità sorprendenti – si stanno rassegnando e si aggrappano ai genitori o ai nonni, impossibilitati a farsi una vita propria”.
Non manca una battuta sferzante sulla cosiddetta parola chiave del XXI secolo: la flessibilità: “Nessuno può illudersi circa lo stato di disagio o di disperazione legato alla disoccupazione o alla incertezza: la teoria della flessibilità – che può avere le sue ragioni – getta la persona in uno clima fluido e inaffidabile. Ci chiediamo: coloro che teorizzano non sono forse i primi ad essere ben sicuri sul piano del proprio lavoro e, forse, del proprio patrimonio?”.
A proposito degli attentati terroristici, Bagnasco richiama la linea di Papa Francesco: “Tali abomini si mascherano di un manto religioso per accreditare una “guerra di religione”, ma – come ci ricorda il Santo Padre – non bisogna cadere in questa trappola che mira a scatenare un conflitto globale. Il terrorismo si serve non solo del fanatismo di gruppi, ma anche del disagio sociale, e soprattutto del vuoto spirituale e culturale di non pochi giovani occidentali che – paradossalmente – spesso cercano un motivo per vivere in una perversa ragione per morire. Come sempre, i mercanti di armi, di petrolio o di potere, speculano nell’oscurità di affari e posizioni d’oro”.
Marcello Di Meglio